La sindrome del “scusa se respiro”
Come smettere di chiedere scusa per il semplice fatto di esistere.
COMUNICAZIONE
Ludovica Fanelli
11/10/20254 min read
Non devi una spiegazione a tutti. Neanche mezza. Se ti viene spontaneo giustificarti anche quando respiri — forse è il momento di chiederti perché ti scusi per esistere.
La società ti vuole sempre “comprensibile”, come se la spontaneità fosse un errore di dizione.
Ti insegnano fin da piccola a dire “scusa se ti disturbo”, “scusa se parlo”, “scusa scusa scusa”.
E pian piano la scusa diventa parte della tua grammatica emotiva.
Un giorno ti rendi conto che non dici più ciò che pensi, ma ciò che puoi permetterti di dire senza far sentire a disagio qualcun altro.
È così che nasce la giustificazione cronica: da una maleducata abitudine collettiva chiamata colpa preventiva.
Ti giustifichi perché vuoi essere capita
Chi ti vuole capire, ti capisce anche senza una presentazione in Power Point.
Chi non ti vuole capire, invece, ti farà sentire comunque in torto.
Spiegarti con chi non ascolta è come fare la lezione a un muro di gomma: rimbalzi sempre tu.
Eppure continui. Perché ti hanno insegnato che “spiegare” è sinonimo di “avere ragione”.
Spoiler: non lo è.
A volte chi tace vince e chi spiega perde dignità a rate.
Più ti giustifichi, più sembri colpevole.
È un paradosso perverso: il bisogno di farti capire ti rende sospetta.
La giustificazione è la sorella ansiosa dell’approvazione
Quando ti giustifichi troppo, non stai difendendo la tua posizione: stai chiedendo il permesso di averla. Stai cercando un timbro di validità. Questo ti inchioda in una dinamica infantile — quella del “maestra, non sono stata io”. Solo che ormai la maestra è la società intera e tu sei sempre con la mano alzata.
“Non ti ho richiamato perché avevo la testa altrove.”
“Non sono uscita perché ero stanca.”
“Non ho risposto subito perché…”
Stop. Nessuno ti deve timbrare la motivazione come fosse un certificato medico.
Le persone emotivamente solide non spiegano ogni passo che fanno.
Agiscono e chi le conosce davvero capisce. Gli altri si arrangiano.
Giustificarsi è una forma di paura
Paura di deludere, di perdere, di sembrare egoista, di essere “troppo”.
Dietro ogni spiegazione c’è un’invocazione: “Non odiarmi.”
Il punto è che se qualcuno ti odia perché hai detto no, non è con te che ha un problema.
Smettere di giustificarsi non significa diventare sgarbati.
Significa accettare che la tua verità non ha bisogno di consenso per esistere. Non sei tenuta a spiegare perché sei triste, perché non vuoi uscire, perché non perdoni, perché scegli te.
Non devi scrivere note vocali di dieci minuti per far valere un confine.
Un confine si comunica, non si giustifica.
Le spiegazioni lunghe sono trappole
Più parli, più dai spazio a chi ti vuole smontare. La persona manipolatrice vive di giustificazioni altrui. Le raccoglie come prove, le rigira, le usa per colpirti meglio. Quando dici “non volevo ferirti”, l'altro sente solo “ho sbagliato io”.
L’autodifesa verbale non è una guerra di parole, ma una scelta di silenzio strategico.
La frase “non devo spiegarmi” è l’armatura invisibile che salva l’autostima.
Perché la verità, in fondo, è semplice: spiegarsi troppo è un modo elegante di chiedere scusa per essere se stessi.
Il senso di colpa è un pessimo microfono
Ti fa parlare troppo, chiarire troppo, promettere troppo.
Eppure nessuno ti ascolta davvero, perché la tua voce arriva con il tono di chi chiede perdono.
Il senso di colpa, come l’umidità, entra dappertutto e rovina la struttura.
Ti convince che sei “una persona migliore” se ti spieghi, se cerchi di sistemare, se ti pieghi.
Ma il rispetto nasce dai limiti, non dalle spiegazioni.
Non devi giustificarti perché non hai risposto al messaggio.
Non devi giustificarti se cambi idea.
Non devi giustificarti se scegli il silenzio.
Non devi giustificarti se dici no.
Il no è una frase completa.
Il bisogno di giustificarsi è anche una questione culturale
Ci addestrano all'essere accomodanti, diplomatiche, “comprensive”; al sorriso di circostanza, all’empatia unilaterale, al “mettersi nei panni dell’altro” anche quando l’altro ti calpesta.
Così ti abitui a fare da portavoce delle emozioni altrui, a spiegare anche ciò che non ti compete.
“Scusa se ti ho fatto stare male” — pure quando sei stata solo onesta.
La cultura del “devi spiegarti” è una forma di controllo sociale.
Chi si giustifica è più gestibile.
Chi tace è imprevedibile — e l’imprevedibile spaventa.
Meglio spiegare, giustificarti, dimostrare che “non intendevi davvero”.
Nel frattempo perdi tempo, energia e identità.
Come si smette di giustificarsi
Non servono tecniche complesse.
Serve abituarsi al disagio. Perché i primi silenzi ti sembreranno arroganti, i primi “no” ti faranno tremare. Ma è solo disintossicazione verbale. La dipendenza da spiegazioni si cura con l’astinenza.
Vuoi sapere come?
Con queste tre mosse di autodifesa verbale:
Rispondi corto.
Quando senti la tentazione di spiegarti, riduci la frase.
“Non posso.” Stop. Niente “perché”. Niente romanzi di motivazioni.Accetta il fraintendimento.
Non tutti ti capiranno. Chi vuole davvero conoscere il tuo punto di vista lo chiederà con rispetto, non con tono da interrogatorio.Distingui tra chiarire e giustificare.
Chiarire è comunicare per avvicinarsi.
Giustificarsi è parlare per placare.
Se ti senti in difetto mentre spieghi, non stai comunicando: stai negoziando la tua libertà.
La libertà comincia da una frase breve
Smettere di giustificarsi non significa diventare freddi o indifferenti.
Significa scegliere di non dare spiegazioni a chi non le merita.
Di non usare mille parole per dire una verità che si regge in piedi da sola.
Quando smetti di spiegarti, la voce si fa più ferma.
Ti accorgi che puoi dire “non mi va” senza allegare certificati emotivi.
Che puoi dire “non sono d’accordo” senza farne una conferenza stampa.
Che puoi dire “basta” e andartene — senza scusarti per la porta che sbatte.
E la cosa più liberatoria è che il mondo non crolla.
Crollano solo le relazioni basate sul tuo silenzio.
Quelle sì, che meritavano di cadere.
Il silenzio non è freddezza, è rispetto
Rispetto per te stessa, per la tua energia, per la tua verità.
Ogni spiegazione non richiesta è un piccolo tradimento di te.
Ogni scusa automatica, un passo indietro.
E allora, la prossima volta che ti viene da dire “scusa se…”, fermati.
Respira.
E rispondi solo: “Non devo spiegarmi.”
È una frase breve, ma contiene la tua vera rivoluzione.
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